Con la sentenza n. 1290 del 29 settembre 2025, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha chiarito un principio essenziale: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) è applicabile anche ai reati edilizi, purché il giudice compia una valutazione complessiva e non automatica delle circostanze.
Il caso prende avvio dalla realizzazione di un piccolo ballatoio in cemento armato, costruito senza permesso in zona sismica e senza denuncia al Genio Civile. In primo grado era stata pronunciata condanna, mentre in appello l’imputato era stato assolto da uno dei capi, con conferma delle responsabilità urbanistiche. La Corte d’appello, tuttavia, aveva escluso in blocco l’art. 131-bis c.p., ritenendo che la pluralità di violazioni edilizie poste in continuazione fosse di per sé incompatibile con la particolare tenuità del fatto.
I giudici di legittimità hanno censurato questo approccio, sottolineando che la continuazione e la pluralità di reati non impediscono automaticamente di applicare l’art. 131-bis c.p. Occorre invece un’analisi concreta, caso per caso, basata su una serie di indicatori:
- la natura e la gravità degli illeciti;
- la tipologia dei beni giuridici lesi o posti in pericolo;
- l’entità delle disposizioni di legge violate;
- le modalità e le finalità delle condotte;
- le conseguenze effettive;
- l’arco temporale in cui le violazioni si collocano;
- l’intensità del dolo;
- i comportamenti successivi ai fatti.
La Cassazione ha rilevato che questa valutazione non era stata compiuta dai giudici d’appello, i quali si erano limitati a un automatismo, senza misurare nel concreto la reale offensività del fatto.
La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza (Sez. 3, n. 47039/2015, Derossi) ribadendo che, quando si tratta di reati edilizi, non basta guardare alla violazione formale: bisogna verificare se l’offesa sia davvero minima, se vi siano state conseguenze dannose per i beni protetti e se queste conseguenze perdurino nel tempo.
Nel caso in esame, l’opera abusiva era un ballatoio di appena quattro metri quadrati, successivamente rimosso. Ma ciò che conta non è solo la rimozione: è la combinazione di più fattori – la dimensione ridotta, la limitata gravità dell’offesa, l’assenza di effetti permanenti – che può condurre a riconoscere la particolare tenuità del fatto.
Questa pronuncia segna un passo importante perché invita i giudici a distinguere tra abusi edilizi minori, privi di reale incidenza, e condotte più gravi che richiedono una risposta penale.
Per i cittadini e i professionisti coinvolti in procedimenti di questo tipo, la decisione rappresenta una garanzia: non ogni violazione edilizia porta necessariamente a una condanna penale. La difesa può valorizzare tutti i parametri indicati dalla Cassazione – dalle caratteristiche dell’opera, alle modalità di realizzazione, al contesto, fino agli effetti concreti – per dimostrare che la punibilità non è proporzionata.
In conclusione, la sentenza n. 1290/2025 rafforza l’idea che l’art. 131-bis c.p. non sia una clausola marginale, ma uno strumento di equilibrio. Anche in materia edilizia, il giudice deve misurare la gravità del fatto in concreto, senza fermarsi agli automatismi e senza dimenticare che il diritto penale non può occuparsi di ciò che non arreca un’offesa reale e significativa al bene giuridico tutelato dalla norma.
Avv. Lorenzo Sozio